La scorsa settimana ho tenuto un corso in aula sull’assertività per Rete al Femminile Biella.
Immagino che per molti il termine assertività o sia ignoto o non rimandi immediatamente a un significato specifico. Proprio per questo motivo, partiamo con la definizione e l’etimologia di questa parola.
Cosa significa Assertività
Il termine assertività deriva dal verbo inglese “to assert”, che letteralmente significa “mettere uno schiavo in libertà”.
L’assertività è una attitudine e una competenza che vanno nella direzione della libertà dell’individuo, cioè quella di renderlo in grado di compiere le sue scelte sia autonomamente sia responsabilmente, senza essere troppo schiacciato dalle pressioni dell’ambiente circostante, fatto di aspettative altrui.
È attribuito al filosofo greco Epitteto l’aforisma: “Nessun uomo è libero se non è padrone di se stesso”. A proposito di rendersi libero da una schiavitù, Epitteto visse i suoi primi 25 anni di vita in condizione di schiavo di Epafrodito, diventò poi liberto di Nerone e fu da questo emancipato.
Questa storia la possiamo prendere a metafora dell’assertività: diventare assertivi significa innanzitutto partire da chi si è, da ciò che si desidera, dalla posizione che ci si sente di assumere in determinate situazioni, dalle proprie idee. Dal divenire liberi, appunto, di essere se stessi, di essere ciò che si è e ciò che si pensa (Cogito ergo sum, diceva Cartesio) e di autorizzarsi a esprimerlo nel mondo, assumendosi la responsabilità delle proprie azioni.
L’assertività e le domande da farsi
Percorrere la strada che conduce a un atteggiamento assertivo significa quindi innanzitutto chiedersi: “Che cosa voglio?”, “Come la penso?” e dare in primo luogo a se stessi una risposta a tali domande. Tenendo conto che mettersi a contatto con se stessi non è sempre facile e non lo è per tutti: sembra banale, eppure quante volte riusciamo a soffermarci su quel che proviamo, su quello che sentiamo, su quello che desideriamo?
Una volta fatta chiarezza dentro di noi, la domanda successiva da porsi è: riesco a svelare a chi mi sta intorno, e magari a chi mi sta a cuore, la mia posizione o la mia opinione senza troppe ambiguità? Lo riesco a fare anche quando non trovo condivisione o approvazione in chi mi ascolta?
Proviamo a fare qualche esempio di ciò che stiamo dicendo. Spesso chi decide di cambiare un atteggiamento o una abitudine trova resistenze da parte di chi gli è vicino.
- Una moglie che dice al marito: “Ho pensato che potresti iniziare ad accompagnare tu i bambini a scuola d’ora in avanti, così io guadagno mezz’ora per rimettere a posto casa e poi andare a lavorare” molto probabilmente si sentirà rispondere: “Ma li hai sempre portati tu”.
- O un figlio che sente l’esigenza di andare a vivere da solo, quando dirà alla propria madre: “Sto guardando per prendere in affitto un bilocale per conto mio” è probabile che si senta rispondere “Ma come, non ti trovi bene qui con noi? Hai pensato a come sostenerti economicamente? E poi chi ti darà una mano in casa, con tutto il lavoro che hai?”.
Questi sono solo due esempi di come una scelta, dettata dalla propria volontà, da motivazioni più che valide e presa nella propria responsabilità, possa non sempre essere accolta con entusiasmo da chi ci sta accanto. E questo non per malafede o cattiveria: piuttosto perché cambiare uno schema destabilizza. Soprattutto chi non ha maturato una decisione, ma chi ne prende atto e si trova all’improvviso impreparato di fronte ad essa.
L’assertività e gli altri
Il terzo aspetto da tenere in considerazione nell’ambito assertivo è: riesco a difendere la mia idea o la mia volontà senza aggressività, ammettendo e tollerando che gli altri possano avere un atteggiamento diverso dal mio?
Su quest’ultimo punto calza a pennello l’affermazione di Voltaire:
“Non sono d’accordo con ciò che voi dite, ma mi batterò fino all’ultimo perché lo possiate dire.”
L’assertività è una competenza sociale e relazionale, è una modalità di comunicazione e, proprio per questo, come abbiamo visto sopra, comprende un aspetto di espressione (mi autorizzo a dire ciò di cui ho bisogno, ciò che penso, ciò che sento) e uno di ascolto (tengo in considerazione il mio interlocutore, ciò che a sua volta pensa o sente e lo rispetto).
Allenarsi all’assertività
L’assertività è una competenza, appunto, e come tale essa può essere allenata e migliorata: non si è mai assertivi una volta per tutte nella vita, ma l’assertività è un percorso che nasce innanzitutto dalla ricerca di sé e della propria autenticità, sia verso se stessi sia poi verso gli altri. È assertivo chi modella la sua vita a partire dalle sue necessità e dal suo volere, assumendosi però sempre la responsabilità delle sue decisioni, e quindi delle sue conseguenze, nel rispetto altrui.
“L’assertivo non è la persona di successo che in ogni circostanza sa farsi valere, non è l’arrampicatore sociale che deve realizzarsi a ogni costo, ma è colui che, sapendosi mettere in contatto con i propri bisogni, sa diventare sempre più profondamente se stesso, anche quando le manifestazioni di tale realizzazione non vengono accreditate dagli altri come espressione di successo. Non vi è mai libertà in una condizione di iperadattamento, di appiattimento alle aspettative altrui”.
Questa esaustiva definizione di Nanetti ci dice che l’assertività non è da confondere con l’aggressività e che è assertivo chi persegue con passione e fiducia i suoi obiettivi, vadano essi nella direzione di chi vuole scalare i vertici di una azienda o di chi invece vuole una vita all’insegna della decrescita felice. Non esiste un giudizio di valore nell’atteggiamento assertivo, non c’è un giusto o sbagliato in termini assoluti. Esiste piuttosto il giusto e lo sbagliato per se stessi, cioè ciò che fa stare bene e ciò che, al contrario, fa stare male. Da questa osservazione interna, si parte poi a definire quali sono gli obiettivi da perseguire.
Scegliere obiettivi raggiungibili
“More than 2 objectives is no objective” dicono gli americani.
Dobbiamo incominciare a metterci nella condizione di poter raggiungere i nostri obiettivi e per fare ciò è opportuno concentrarsi al massimo su 2 obiettivi per volta. Inoltre, un mito da sfatare è che gli obiettivi, per essere degni di questo nome, debbano essere tutti alti e difficili: il successo richiama successo. Sono una minoranza le persone che riescono a perseguire obiettivi difficili e faticosi per lungo tempo: fare la dieta, smettere di fumare, entrare prima in ufficio al mattino, andare 3 volte alla settimana in palestra…
Se un obiettivo è troppo difficile, soprattutto all’inizio, diventa scoraggiante. Se pensiamo di dover vincere la guerra subito, probabilmente stiamo andando incontro a un fallimento. Proviamo invece a ingaggiarci in qualche battaglia: voglio smettere di fumare? Posso incominciare scegliendo un numero ridotto di sigarette al giorno. Voglio andare prima a lavorare? Posso iniziare scegliendo una mattina a settimana in cui entrerò 1 ora prima in ufficio.
Teniamo conto che l’assertività coinvolge molteplici ambiti della nostra vita e che non in tutti abbiamo gli stessi livelli di questa attitudine e competenza.
Gli ambiti si distinguono in:
- Lavoro /studio.
- Famiglia di origine.
- Famiglia propria.
- Vita di coppia.
- Amicizie e relazioni sociali.
- Cose pratiche (ad esempio chiedere indicazioni stradali).
Provando a soffermarsi su ogni aspetto, è possibile, ad esempio, che ci scopriremo più capaci di dire di no in ambito lavorativo, ad esempio a un collega, mentre potremmo fare più fatica a fare lo stesso con i nostri figli o nella vita di coppia; oppure che siamo in grado di prendere l’iniziativa a chiacchierare in un locale pubblico, mentre ci sentiamo in maggiore imbarazzo a farlo se l’ambiente è professionale.
Questi sono solo alcuni esempi, che però possono farci riflettere sul nostro livello di assertività nei differenti ambiti di vita in cui ci muoviamo quotidianamente:
- Sono capace di dire di no ad una richiesta e accetto un rifiuto?
- Sono capace di chiedere e di iniziare un rapporto?
- Sono capace di fare critiche?
- Sono capace di fare complimenti?
Come distinguere un comportamento assertivo
L’atteggiamento assertivo si distingue sia da un atteggiamento passivo di comunicazione e relazione sia da uno aggressivo.
Nel primo caso, infatti, potremmo parlare di una attitudine diametralmente opposta a quella assertiva: l’atteggiamento passivo o di fuga prevede un ripiegamento in se stessi e una dissimulazione dei propri pensieri, desideri, obiettivi. Sono persone che tendono a evitare i conflitti, che non sanno ciò che vogliono o che hanno paura a esprimerlo per paura di offendere o perdere l’altro. Sottende una sfiducia verso se stessi e una scarsa autostima. Prevede un iperadattamento, compiacenza verso l’altro e a volte anche sottomissione all’altro.
Al contrario, un atteggiamento aggressivo condivide con quello assertivo la franchezza nell’espressione dei propri sentimenti, delle proprie idee, dei propri interessi, ma il soggetto aggressivo a differenza dell’assertivo è concentrato su se stesso e tiene poco in considerazione l’altro e le sue esigenze.
Le persone con uno spiccato atteggiamento aggressivo sono generalmente persuasi della loro efficienza personale e sono convinti che gli altri lo siano meno e che per questo vadano spronati. Sono molto esigenti verso loro stessi, ma generano solitamente un clima di paura negli ambiti in cui si muovono, ad esempio in ufficio o in famiglia. L’aggressivo ritiene che l’altro non debba disattendere le sue aspettative, altrimenti l’altro è una persona sbagliata.
Andare verso se stessi e gli altri
Come si è detto all’inizio, l’assertività è un percorso di autenticità verso se stessi e verso gli altri e sarebbe dunque illusorio pensare che diventare assertivi significhi acquisire una competenza valida per tutta la vita.
L’assertività assomiglia un po’ alla corsa: si impara a correre un po’ per volta, ci si allena prima 2 volte alla settimana, poi via via magari tutti i giorni. Si parte prima in piano, per poi affrontare anche percorsi in salita. Si fa una gran fatica all’inizio che sembra un’impresa impossibile e poi si scopre invece che ce la si cava anche meglio delle aspettative.
Non c’è bisogno di diventare un maratoneta dell’assertività: ma certo un percorso di autenticità verso se stessi e verso gli altri, nei diversi ambiti delle nostre vite, implica un allenamento continuo e il pensiero di non essere mai arrivati una volta per tutte, ma di avere sempre nuovi traguardi da tagliare, con la consapevolezza però di aver compiuto ogni giorno un pezzetto di strada.
Queste sono solo alcune suggestioni sul tema dell’assertività che è ampio e non esauribile in poche righe. Se l’argomento ti interessa e vorresti approfondirlo, contattami per essere inserito in un percorso di formazione su questo argomento.
Un grazie di cuore a Carolina Masieri di Myzenmanager per aver frequentato il corso e avermi citata sulla sua newsletter: una gestione efficace del proprio tempo ha proprio a che fare con l’atteggiamento assertivo.
Bibliografia
- Enciclopedia Garzanti di Filosofia, 1981
- Schuler “Le tecniche assertive”, F. Angeli 2003
- Nanetti “Assertività”, Pendragon 2005
Foto: Francesca Savino
Bellissimo articolo, Francesca, serio e approfondito. Grazie!
Grazie a te Chiara, per aver scritto cosa ne pensi dell’articolo